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Promuovere e sostenere la Psiconcologia

La Psiconcologia è ormai una realtà all’ interno del sistema sanitario italiano, la strada per affermarsi è stata lunga e tortuosa, ma c’è ancora molto da fare. Negli anni ‘80 l’oncologia medica (la cura dei tumori) si stava affermando: una materia, prima negletta e poco considerata, stava diventando importante. Negli ospedali, dove, fino allora, il malato di cancro era considerato “partita persa”, avviato inesorabilmente verso la morte, bisognoso unicamente di cure sintomatiche, cominciavano a entrare nuove strategie terapeutiche che riuscivano anche a guarire.

Erano gli anni successivi alle ricerche di Gianni Bonadonna, sulla chemioterapia adiuvante nel tumore mammario. Un lavoro basilare pubblicato sulla rivista NEMJ che dimostrava come, nel tumore della mammella il famoso CMF, poteva portare alla guarigione dopo chirurgia. Grande era l’entusiasmo, e la voglia di vincere la battaglia per sconfiggere la malattia del secolo e i giovani oncologi, sulle orme di Bonadonna erano impegnati ad affermare negli ospedali, l’importanza di questa branca. Nascevano ambulatori di oncologia medica, servizi di chemioterapia antiblastica, ambienti con varie denominazioni per la somministrazione endovenosa delle combinazioni terapeutiche. Si frequentavano per aggiornamento istituzioni importanti e l’istituto dei tumori di Milano era un punto di riferimento fondamentale. Si voleva battere il tumore, la battaglia e l'entusiasmo del fare ripagava di giudizi frustranti e ingenerosi di chi giudicava i giovani oncologi visionari e perdenti. Alle angosce e ai drammi interiori del malato a seguito di una diagnosi “pesante”, non ci si pensava più di tanto, al suo sostegno psicologico meno che meno, tutti concentrati sull’”organo malato”. Il tumore era l’oggetto, non la persona malata! C’erano cose più importanti della psicologia, il tumore doveva “andare giù”, tutto il resto poteva aspettare. Alcuni però (per la verità pochi) ritenevano che ciò non fosse sufficiente e che la terapia farmacologica, svincolata da un supporto psicologico fosse un modo “zoppo” di affrontare il problema del malato di cancro. Bisognava aiutare malato e famiglia a sopportare un evento drammatico che aveva fatto irruzione come un terremoto nella tranquillità della loro vita generando angoscia, depressione, paura del futuro, fatica a ritrovare un equilibrio. Sulla scia di quanto avveniva negli Stati Uniti nacque così, a metà degli anni 80, la Società Italiana di Psiconcologia, una società scientifica non solo per riflettere sui bisogni psicologici del malato di tumore e fornire un aiuto concreto a lui e alla sua famiglia, ma anche con l’intento di far nascere un movimento nel paese. Lo psiconcologo sarebbe stato un valore aggiunto nel curare chi è colpito da questa malattia. Da allora di strada ne è stata fatta, ma c’è ancora molto da fare. Inserire lo psiconcologo in tutte le realtà oncologiche, favorire una reale integrazione tra questa figura e gli oncologi medici nella assistenza ai malati di tumore, prevedere lo psiconcologo nelle piante organiche, costruire ambulatori di psoconcologia non solo per i malati, ma anche per le loro famiglie e, se necessario, di supporto ai bisogni degli operatori impegnati in una matria stressante e coinvolgente. Tutte cose fattibili visto che l’entusiasmo degli operatori non manca e che spendere per i malati non è una perdita ma un investimento.

Dott. Alberto Scanni
già Direttore Generale Istituto dei Tumori Milano
Consulente e Amico di GO5

da : Corriere della Sera - SALUTE
del 13 aprile 2025

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