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L'importanza del volontariato negli ospedali

Abbiamo il piacere di condividere e riprodurre qui l'interessante articolo apparso sul Corriere della Sera in data 07.04.2024 redatto dal nostro Consigliere dott.Alberto Scanni.

"Si è passati dal Welfare State al Welfare Community, ove la maturità della popolazione decide di essere di sostegno all’attività assistenziale"
di Alberto Scanni*

Giorgio Gaber cantava :”...La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”.
Ma nei nostri ospedali c’è ancora gusto per la partecipazione? 
Spazio per dire la propria, per proporre di modificare le cose che non vanno nell’interesse dei malati, per spingere gli amministratori a “fare“ piuttosto che a “dire”?  
A esprimere  opinioni e esercitare una influenza riguardo a  dubbie decisioni politiche, economiche, gestionali e sociali?
C’è ancora voglia di essere parte attiva per il mantenimento e  la crescita delle strutture?
O al contrario, a differenza di anni addietro, “partecipazione” è diventata una parola vuota che ha perso spazio e dignità nell’agenda della gente, e del mondo politico/amministrativo?
Dove il “sociale“ è passato in secondo piano e dove questa parola, non c’è più?
E l’entusiasmo di poter migliorare le cose è svanito?

I sindacati prediligono battaglie sui contratti di lavoro, sugli aumenti salariali, sul minutaggio delle prestazioni, poco per guardare al quotidiano delle corsie; le  Direzioni  Generali degli ospedali perseguono, spesso acriticamente, i “dictat” politici/partitici delle giunte regionali dove l’aspetto economico la fa da padrone, piuttosto che guardare ai  disagi dei singoli . Mentre medici e infermieri vessati dalle carenze del sistema e sfiduciati, vedono buio attorno a loro. Resta a questo punto soltanto il “volontariato” come presenza  di una vera “partecipazione” alla vita e alla salvaguardia del sistema sanitario universalistico.

Si è passati dal Welfare state al Welfare community, ove la maturità della popolazione decide di essere di sostegno alla attività assistenziale. Una presenza oblativa che si affianca l’esistente partecipando al mantenimento di una buona  sanità che purtroppo, al momento, zoppica. Un supporto che prediligere valori umanitari e solidaristici.

Alla base dell’ attività delle associazioni di volontariato vi è la centralità della persona nella sua indicibile individualità. Accanto alla necessità di cure sanitarie, che l’ospedale  deve organizzare per soddisfare le esigenze cliniche, esistono per il malato forti bisogni psicologici, sociali e relazionali ai quali occorre dare risposta e dai quali dipende la qualità della  loro  vita e delle loro famiglie. Qui il volontariato si gioca prepotentemente  e la sua partecipazione  alla vita della istituzione è determinante!
Essere volontari significa  muoversi  nel sistema a latere della medicina ufficiale, integrando  l’offerta sanitaria e rafforzando  il “gesto del curare”. C’è un valore nel volontariato che sta nell’incontro di persone con le loro diverse conoscenze ed esperienze. Persone di ogni età e provenienti da contesti educativi, economici e sociali diversi si incontrano e si confrontano ed  è presente nella loro azione una capacità d’innovazione e sperimentazione sociale che può favorire i cambiamenti e diffondere conoscenze  in tema di prevenzione, di organizzazione , di educazione  sanitaria.
Oncologia, disagio mentale, disabilità  neuro-motorie, terminalità, abbandono, sono solo alcuni dei settori più  coinvolti dalla partecipazione  del volontariato che oltre alla azione  negli ospedali, è presente nelle residenze protette ,  nelle strutture palliative e negli hospice.

Gli ospedali che ospitano queste  associazioni dovrebbero considerarle maggiormente, per una collaborazione  più strutturata  giacché  oltre a testimoniare generosità, forniscono un aiuto pratico. Dovrebbero guardarle  con particolare interesse e gratitudine, facendole  partecipare a riunioni organizzative e invitandole ad esprimersi, come interpreti dei bisogni delle persone malate, per migliorare la funzionalità dei luoghi di cura . I volontari  di oggi sono figure “professionalizzate” non improvvisano, conoscono nei dettagli i luoghi  in cui operano, comprendono  le problematiche, sono sottoposti a periodi formativi e di verifica, sanno dialogare oltre che coi  malati  anche con chi li cura, conoscono bene i limiti entro i quali muoversi, sono formati a fare compagnia con garbo e discrezione, senza prevaricare la volontà dei singoli, rispettando culture e religioni.
La loro partecipazione alla vita degli ospedali è un valore aggiunto!

Alberto Scanni
*Già Direttore Generale - Istituto Tumori, Milano

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